L’esito di amputazione di un arto è la condizione nella quale il paziente perde un intero o una parte di un arto. Le amputazioni degli arti inferiori sono causate da una patologia vascolare nella maggior parte dei casi, di cui i due terzi secondaria ad una diagnosi di diabete mellito. Più della metà delle amputazioni da cause vascolari sono amputazioni prossimali di arti inferiori, mentre solo il 40% dei pazienti subisce un’amputazione distale di piede o dei singoli raggi. La maggior parte dei pazienti a subire questo tipo di amputazione ha un’età superiore a 60 anni.
I traumi sono la seconda maggior causa di amputazione, seguita dai tumori e da patologie congenite. Fanno eccezione i pazienti giovani, in cui i tumori sono la causa più frequente e il sesso maschile quello maggiormente colpito.
Il decorso post-operatorio può essere costellato di sintomi, quali sensazione di arto fantasma, dolore da arto fantasma o dolore al moncone.
Il trattamento riabilitativo inizia subito dopo l’intervento e si focalizza da un lato sulla gestione del moncone, sul controllo dell’edema e della ferita chirurgica, così come sulla prevenzione di contratture e del dolore, dall’altro sul miglioramento delle condizioni cliniche generali di paziente spesso pluri-patologici.
La riabilitazione pre-protesica è mirata al recupero della mobilità e dell’autonomia del paziente sfruttando l’arto superstite. Quando le condizioni cliniche del paziente e lo stato del moncone saranno ottimali, verrà fabbricata una protesi basata sul livello di amputazione e sulle richieste funzionali del paziente; inizierà quindi la riabilitazione post-protesica che sarà finalizzata alla ripresa della funzione del cammino del paziente.
Queste amputazioni sono quasi tutte dovute a una lesione (subita nell’ambito di un incidente stradale o combattimento) o da procedura chirurgica per il trattamento di una complicanza di patologia (ridotta circolazione per aterosclerosi o diabete). L’arto può essere amputato sotto o sopra il ginocchio o a livello dell’anca. Oppure possono essere amputati il piede o uno o più dita dei piedi.
Dopo l’amputazione della gamba, la maggior parte dei soggetti viene preparata per l’applicazione di una gamba artificiale (protesi di arto inferiore).
La riabilitazione comprende esercizi di allenamento generale, trazione dell’anca e del ginocchio e potenziamento di tutti i muscoli degli arti superiori e inferiori. Il soggetto viene incoraggiato a iniziare esercizi in posizione eretta e di equilibrio con sbarre parallele non appena possibile. Sono necessari esercizi di resistenza.
I muscoli attigui all’arto amputato o circostanti l’articolazione dell’anca o del ginocchio tendono a contrarsi. Queste contratture derivano solitamente dal prolungato tempo trascorso in posizione seduta su una sedia o sulla sedia a rotelle o dall’allettamento con il corpo non allineato. Le contratture limitano la gamma dei movimenti. In caso di contrattura grave, la protesi può non essere adattabile, oppure il paziente può perdere la capacità di utilizzarla.
Nella riabilitazione classica si è soliti ottenere il rinforzo dei muscoli residui dell’arto inferiore operato tramite la ricerca di attività dinamiche lungo l’asse di movimento dell’anca, richiamando quindi la contrazione dei muscoli ileopsoas, glutei, retto femorale etc. Queste richieste di reclutamento risultano essere necessariamente ridotte se si pensa che debbano svolgersi lungo l’asse di movimento del ginocchio, in quanto l’intervento di amputazione, chiaramente, determina l’eliminazione di questa articolazione. Tali muscoli, per queste alterazioni strutturali di primaria importanza, quindi non possono svolgere la loro originaria e fisiologica attività motoria.
La modificazione della normale biomeccanica articolare dovrebbe stimolare il fisioterapista a trovare delle vie alternative per il reclutamento della muscolatura che risulta sana e indenne dopo l’intervento di amputazione, e di quella interessata dal trattamento chirurgico, dato che la loro azione originaria non può più essere espletata.
Un’altra modalità comune di reclutamento a beneficio di questi muscoli risulta essere la contrazione isometrica dei muscoli interessati. Senza nulla togliere all’importanza di tali contrazioni nel complessivo lavoro riabilitativo, il fisioterapista dovrebbe ricercare delle modalità differenti di reclutamento della muscolatura in oggetto, la variabilità dell’attività muscolare è infatti caratteristica peculiare del sistema nervoso, e si esplica nella moltitudine di possibilità (in teoria infinite) di movimento del sistema movimento.
I gradi di movimento, come sostiene Berstein, sono infiniti, e vengono programmati, controllati e modulati dal sistema nervoso centrale per generare programmi motori (PM) che rispondono ai contesti (di movimento) più svariati attraverso sistemi di controllo a feedforward e a feedback.
Un segmento corporeo che si ritrovi in un contesto clinico tale che il giunto articolare da cui era costituito, viene rimosso chirurgicamente, può e deve ugualmente rispondere a delle necessità motorie funzionali che risiedono nella capacità di ricreare dei programmi motori adeguati alle nuove necessità strutturali. Per cui risulta impensabile fare lavorare (richiamare il reclutamento motorio) certi muscoli nella maniera in cui potevano essere stimolati su una struttura sana. Il fisioterapista dovrebbe intuitivamente ritrovare, individuare, scoprire, il modo più coerente ed efficace per poter ottenere il miglior training motorio del distretto interessato, senza sacrificare le variabilità motorie che, diversamente, andrebbero accantonate per la mancanza del giunto articolare rimosso chirurgicamente.
Con la Tecnica Approccio Variabile ® l’esplorazione dei muscoli residui risulta il punto di partenza per una efficace stimolazione diretta di quei muscoli che solitamente vengono attivati con contrazioni isometriche, o che nel peggiore dei casi vengono tralasciati. La peculiarità della tecnica Approccio Variabile consiste nella possibilità di poter reclutare i muscoli al di fuori di richieste che si realizzano lungo l’escursione articolare, per cui in assenza di una parte il reclutamento di attività isometriche, concentriche, eccentriche può essere garantito attraverso la stimolazione diretta dei muscoli in oggetto con l’ausilio delle manovre di stimolazione manuale della tecnica AV.
La variabilità dei programmi motori che può essere alimentata e nutrita attraverso la stimolazione propriocettiva manuale della tecnica Approccio Variabile permette al paziente di fare una nuova esperienza dell’attività motoria residua tanto da adeguare i programmi motori già esistenti e di generalizzarli sul nuovo contesto clinico. In tal modo sarà possibile recuperare i programmi motori e di parametrizzarli nuovamente affinché siano funzionali alle nuove richieste motorie che prevedono l’utilizzo di una protesi di arto inferiore all’interno del ciclo del passo.
La stimolazione propriocettiva a cui fa riferimento la tecnica Approccio Variabile permette il coinvolgimento attivo, coattivo e proattivo dei muscoli esercitati, in quanto le richieste del fisioterapista possono bypassare le limitazioni provenienti dalla mancanza di articolazioni che fisiologicamente permettono il normale reclutamento dei muscoli interessati. Grazie alla tecnica AV è possibile altresì variare tutti i parametri di forza, intensità, durata, velocità, direzione etc che non possono essere modulati nel momento in cui la richiesta di reclutamento riguarda i classici assi di movimento articolari.
Questo spunto clinico può essere utilizzato dai fisioterapisti più o meno esperti in ambito di riabilitazione del paziente amputato per ottenere un differente punto di vista su pazienti che si ritrovano ad affrontare questo genere di condizione di vita. Un nuovo e differente sguardo alle infinite possibilità del movimento umano, spontaneamente gestito dal sistema nervoso, potrebbe essere fonte di nuovi approcci sempre più efficaci e funzionali all’interno del panorama riabilitativo; tanto da dare al professionista della riabilitazione nuovi strumenti, nuove competenze da trasferire quotidianamente nel proprio lavoro.
E’ per questo motivo che ulteriori approfondimenti dovrebbero essere intrapresi in questo ambito, per raggiungere maggiori conferme sull’utilizzo di questa innovativa tecnica riabilitativa (Approccio Variabile) su questa tipologia di pazienti.

Francesco Maida
Fisioterapista,
Docente Tecnica AV®,
Responsabile Comunicazione Ass AV.